ROMA EUROPA FESTIVAL, L’AUTUNNO ROMANO.

Il Romaeuropa festival, diretto da Fabrizio Grifasi, giunto alla sua 38ma edizione, è come sempre l’evento fondante dell’ “Autunno Romano” che ridà smalto alle serate capitoline dopo un’estate parca di emozioni culturali.

Due mesi di programmazione che realizzano un dialogo tra le creatività, tra la tradizione ed il contemporaneo, un viaggio nella geografia delle arti e la loro capacità di sconfinare i territori e il tempo. Oltre alle figure iconiche della scena internazionele il programma presta una particolare attenzione alle nuove generazioni e alla centralità del rifiuto di ogni forma di violenza e di guerra.

In questa edizione viene dato spazio ai nuovi percorsi – musicali, teatrali e coreografici – alle sperimentazioni con il digitale e l’elettronica, alle contaminazioni con diversi orizzonti artistici – taiko giapponesi, canti cerimoniali, tradizione sciamanica e afrobeat -. Al gruppo ukraino Dhaka Brakha quartetto folk di Kiev che mixa la musica popolare ucraina con i ritmi di tutto il mondo si avvicendano i Plaid, gruppo storico della scena elettronica degli anni 90, l’Alva Noto con Ensemble Modern, con il progetto Xerrox in cui musica ed istallazioni video producono copie di copie in cui si alterano fino a far scomparire il materiale di partenza. Star dello spettacolo come Isabelle Huppert nel riallestimento in un rifugio sotterraneo di Zoo di Vetro, il celebre dramma di Tennessee Williams, e il Peter Brook Project con Tempest Project, ultima versione del testo shakespeariano realizzato dalla sua assistente sua assistente Marie-Hélène Estienne, che condensa estetiche e pratiche care al regista inglese scomparso un anno fa. Ma anche The Bacchae della greca Elli Papakonstantinou, un esempio di teatro musicale è un territorio in cui sperimentare parola, testo, video, musica dal vivo e danza alla ricerca a di un nuovo linguaggio performativo. Per la sezione Digitalive il coreografo e videoartista singaporiano Choy Ka Fai costruisce con Unbereable Darkness un nuovo esperimento di danza cibernetica e incontro con il paranormale in una suggestiva performance in stile Butoh.

Ed oltre ai palcoscenici tradizionali romani, quali l’Auditorium ed il Teatro Argentina, il focus della scena si muoverà in spazi informali come La Pelanda all’ex Mattatoio o di illustre scenografia come Villa Medici.

 

A dare il via, il 6 settembre, è stata la grande danza la protagonista con UKIYO-E, lo spettacolo fantasmagorico di Sibi Labi Cherkaoui con il Ballet du Grand Théâtre de Genève ispirato alla spiritualità fluttuante del periodo Edo giapponese. In una camaleontica scenografia mobile che ricorda il teatro di Ronconi si muove il gruppo di 24 danzatori scomponendo una gestualità estremamente plastica e a tratti spasmodica avvolti in splendidi kimono e al suono di musiche in cui la tradizione giapponese si fonde con nervose armonie contemporanee.

A seguire un’altra icona della danza occidentale, Anne Teresa De Keersmaeker e la compagnia Rosas con EXIT ABOVE – after the tempest che mette in scena un originale confronto tra le radici della musica pop occidentale, con la voce della cantante afrofiamminga Meskerem Mees, in un viaggio che si realizza prima di tutto nel movimento elementare del camminare – vagare, marciare, da soli, in gruppo – come punto di resistenza all’ipercineticità odierna e alla ossessione della produttività.

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