GIUSEPPE PIETRONIRO

Fino a maggio tra i 9 artisti di Roma Creativa in mostra a Palazzo Valentini, sede della Provincia di Roma, per promuovere l’arte contemporanea

Il limite è un margine e un orizzonte, qualcosa oltre cui andare, una domanda da condividere con chi guarda l’opera d’arte, per Giuseppe Pietroniro, artista nato a Toronto nel 1968, che ha scelto Roma come città dove vivere e lavorare. Tra le sue partecipazioni importanti vanno ricordate T2 Torino Triennale, “50 Lune di Saturno” collettiva a cura di Daniel Birnbaum, e la mostra “EXIT” alla Fondazione Sandretto Re Rebaudengo. Tra gli artisti selezionati per la mostra “When in Rome”, la collettiva della Fondazione DEPART con il supporto della Provincia di Roma all’Istituto Italiano di Cultura di Los Angeles, Pietroniro è, soprattutto, uno dei “Nuovi Arrivi” del MACRO, il museo d’arte contemporanea della capitale. Oltre al Premio Cairo, nel 2008, Giuseppe Pietroniro vanta varie presenze all’estero. Nel momento in cui esce il volume Giuseppe Pietroniro sta preparando una installazione per la prossima collettiva alla Fondazione Merz, dal titolo “Risonanza”. Un lavoro che ancora una volta intende spiazzare lo spettatore, ponendo la questione tra quello che le immagini mostrano e quello che è la realtà. “È come se creassi una grande illusione – spiega l’artista – La domanda che cerco di porre con le mie opere è, ‘Qual è in fondo la realtà: quella che vivi o quella che ti fanno vivere?’. Si tratta di una riflessione sulla manipolazione e l’autenticità che hanno perso i loro confini, che sono ormai indistinguibili. “Io come tanti altri artisti, leggo i giornali e mi interrogo sul mondo. Siamo sicuri che la rappresentazione che ci forniscono del mondo sia davvero la verità? Il mio è un lavoro che fa domande e, al tempo stesso, è anche una riflessione sull’arte e sulla sua funzione”. E c’è una riflessione sulla funzione di un museo, nell’opera scelta dal Museo della capitale che si intitola appunto: “Interno MACRO Roma” (2010). “Il progetto fotografico qui ti pone la domanda: è uno specchio? È reale?”. Quelle di Giuseppe non sono semplici foto ma vere e proprie installazioni, dove l’immagine – anche 2x3m – mira ad inghiottire lo spettatore.“Quando scatto allestisco un vero e proprio set, lavoro ancora in analogico, con banco ottico”, spiega. Da dove viene questa attenzione verso il limite, il rovesciamento? “Fare domande è un’urgenza. Una condizione che vivo, non qualcosa che faccio. E se devo citare un artista che ha influenzato il mio percorso è Magritte, l’opera “Ceci n’est pas une pipe” mi ha aperto gli occhi. L’arte concettuale deve molto alle poche parole contenute in quella creazione”.

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