Ines Paolucci

Vi presentiamo Ines Paolucci, sezione Architettura e Design della terza edizione del volume RomaCreativa

Esperta in design industriale e comunicazione visiva, Ines Paolucci cura la grafica di prodotti editoriali e progetti di identità istituzionale, occupandosi anche dell’immagine per eventi e campagne di comunicazione. Tra le molte creazioni ne segnaliamo una in particolare, progettata insieme a Daniele Statera: si chiama “Diamond” e sostanzialmente si tratta di una serie di lampade realizzate per l’azienda di design Slamp. Esposta a lungo al Triennale Design Museum, il primo museo del design italiano, questa creazione può essere considerata qualcosa di più.
Per usare le parole della designer: “Diamond è una scultura luminosa dal linguaggio geometrico complesso e rigoroso che richiama la forma di un diamante sfaccettato, un candido quarzo che crea suggestivi giochi di luci e ombre”. Il lavoro del designer richiede
una molteplicità di competenze sia artistiche sia tecniche.
Un oggetto non deve essere solamente “bello” ma deve tenere conto anche della sua usabilità, dell’impatto con l’ambiente e di molti altri fattori. Nel suo significato più ampio, il design di un prodotto contempla il rapporto dell’oggetto con chi lo utilizzerà. Ines Paolucci racconta, infatti, che ogni suo progetto “nasce dall’amore per le immagini, per gli oggetti e per tutte quelle parole, idee e persone capaci di incuriosirmi ed emozionarmi per intelligenza, bellezza, complessità o qualità espressive. Tutto questo alimenta la mia immaginazione e il mio bisogno di espressione che, domati da regole e vincoli progettuali e rafforzati dall’esperienza, producono una sintesi, non originale ma autentica, che si chiama progetto.” Questa sintesi è forse il compito più arduo che spetta
a un designer. Creatore, sì, di immagini e di forme, ma soprattutto interprete di un mondo sempre più complesso e in costante evoluzione. “Un progettista – spiega Ines – non può non tener conto dell’attuale con-fusione e contaminazione dei linguaggi.
Bisogna conoscere il passato e immaginare un futuro, ma essere fortemente contemporanei. Credo che la profonda conoscenza del proprio mestiere, unita alla memoria, alla riscoperta e valorizzazione del sapere artigianale, sia oggi più che mai l’unico punto fermo e una necessaria utopia per sfuggire al dilettantismo e alla
dilagante e frustrante schizofrenia”.

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